Il salario minimo fissato per legge: sensato o insensato?

I salari minimi fissati per legge stanno di nuovo prendendo piede. Alla fine di settembre il Cantone di Ginevra ne ha introdotto uno. In Ticino entrerà in vigore il 1° gennaio 2021. A Neuchâtel il salario minimo cantonale è già in vigore da tempo. A Basilea si sta deliberando. Io sostengo che il salario minimo fissato per legge non solo è pericoloso ma non è nemmeno uno strumento adeguato contro la povertà.

È difficile che aiuti a combattere la povertà.

Certo, si potrebbe discutere e filosofeggiare a lungo su cosa sia la povertà e chi sia povero. Mi riferisco qui, tuttavia, al concetto di povertà relativa, il quale definisce la povertà come un'offerta insufficiente di mezzi rispetto al benessere della società in cui si vive.

La povertà colpisce soprattutto sul fronte dei costi e meno su quello delle entrate. Ciò significa che molte delle persone o famiglie classificate come povere non percepiscono i cosiddetti salari bassi, infatti guadagnano di più, ma hanno spese elevate, ad esempio perché hanno più figli a carico. Viceversa molti di coloro che percepiscono i cosiddetti salari bassi non sono poveri. Pur percependo un salario basso hanno o meno costi da sostenere e/o un partner che contribuisce al reddito dell'economia domestica.

In quest'ottica anche se i salari bassi vengono aumentati in seguito all'introduzione di un salario minimo obbligatorio, i poveri non ne traggono praticamente alcun beneficio. Ad aumentare sono i salari di altri, ossia di coloro che non sono necessariamente bisognosi.

Mette in ginocchio le aziende

I salari minimi comportano il rischio di distruggere intere categorie professionali. La creazione di posti di lavoro non può essere forzata. Devono essere economicamente redditizi per l'azienda che li crea. Se il salario minimo è troppo elevato, i posti di lavoro vengono ridotti, soppressi o esternalizzati. Questa è una semplice nozione di economia aziendale ed è constatabile nella prassi. Con il salario minimo fissato per legge, pertanto, bisognerebbe andarci molto cauti. Un mercato del lavoro ricco di posti di lavoro è uno strumento di gran lunga migliore contro la povertà.

Altrettanto improbabile è che l'introduzione di un salario minimo fissato per legge comporti una riduzione dell'immigrazione, come molti sperano. Al contrario un salario più elevato potrebbe addirittura favorirla. Sicuramente ha una certa forza di attrazione sulla manodopera immigrata. La questione è in che modo le aziende vi si adeguano. La riduzione e l'esternalizzazione dei posti di lavoro rappresentano lo scenario molto più probabile rispetto a quello dell'aumento di assunzioni di cittadini svizzeri anziché di immigrati.

È veleno per il partenariato sociale

In conclusione una critica sistemica ai salari minimi fissati per legge: il mercato del lavoro liberale in Svizzera funziona così bene perché gran parte delle sue regole le detta lo stesso mercato del lavoro, ossia il partenariato sociale. Sul lato opposto vi sono le disposizioni legislative. Più ce ne sono meno libertà di azione hanno i partner sociali nello sviluppo di regolamenti equi e su misura. Ciò significa che i salari minimi imposti per legge compromettono il partenariato sociale, il quale ha dato prova di sé per decenni. Con sistemi ben funzionanti non si dovrebbero fare esperimenti. La determinazione dei salari deve rimanere nelle mani dei lavoratori e dei datori di lavoro, non della legge.