Quali fattori governano la politica di immigrazione?

HR Today Politica

L'economia svizzera dipende dagli sbocchi e dalla manodopera europei. È un fatto innegabile che siamo un'economia piccola nel cuore dell'Europa che non può prosperare né per conto proprio né limitandosi a scambi con i mercati extraeuropei. A ciò si aggiunge l'evoluzione demografica: un numero sempre minore di persone attive deve finanziare la previdenza di un numero crescente di pensionati. Anche per questo motivo, il mercato del lavoro, l'economia e le istituzioni sociali hanno bisogno di lavoratori supplementari.

Ciò nonostante, l'immigrazione è al centro di aspri dibattiti. Questo perché sono in gioco le emozioni. L'aumento della popolazione comporta (potenzialmente) una pressione sulle infrastrutture, sul mercato immobiliare e su quello del lavoro, il che alimenta una certa paura la quale, com'è noto, è una cattiva consigliera. Per questo vengono promosse, e talvolta sostenute da una maggioranza della popolazione, proposte politiche che pur non apportando soluzioni molto efficaci convincono sul piano emotivo.

Si pensi al muro di Trump tra Stati Uniti e Messico oppure alla Brexit, idee che aizzano discussioni infuocate sul tema dell'immigrazione. Ma anche in Svizzera abbiamo già spesso dibattuto su questioni simili e il 27 settembre 2020 il popolo sarà chiamato a votare sull'iniziativa per la limitazione, anche nota come iniziativa contro gli Accordi bilaterali.

Il fattore potenziale interno

Un argomento frequente è quello del potenziale di lavoratori residenti che andrebbe esaurito prima di reclutare personale all'estero. Nessuno mette in dubbio l'importanza di dare lavoro ai residenti ed è certamente possibile fare di più a favore dei genitori di bambini piccoli e di chi cerca un impiego dopo una certa età. Sono questioni da approfondire per trovare soluzioni che consentano di conciliare vita professionale e famiglia, e di integrare nel mercato del lavoro anche i meno giovani. Ma questo non basta a risolvere i problemi dell'economia.

Anche integrando al meglio nel mercato del lavoro queste persone, l'economia non può fare a meno del personale specializzato proveniente dall'Europa e da altri paesi. Il tasso di occupazione in Svizzera è già a un livello record, per cui rimane ben poco potenziale interno da esaurire.

Inoltre, in ogni mercato del lavoro ci sono determinati squilibri e inefficienze. A causa dell'evoluzione tecnologica, l'economia necessita di profili molto particolari che nel nostro paese non si trovano o si trovano in quantità insufficiente. Ci vorrà ancora del tempo prima che il sistema di formazione avrà prodotto le nuove leve, sistema di formazione che tuttavia non è in grado di tenere il passo dell'economia. Questo provoca sul piano internazionale una corsa a chi riesce ad accaparrarsi gli specialisti delle nuove tecnologie.

Il fattore prestatori di servizi per il personale

I prestatori di servizi per il personale svolgono un ruolo centrale nell'utilizzo del potenziale interno e nell'integrazione nel mercato del lavoro. È provato che i neodiplomati e i lavoratori più anziani vengono integrati attraverso il lavoro temporaneo. Il lavoro temporaneo e più in generale la regolamentazione liberale fanno sì che in Svizzera l'accesso al mercato del lavoro sia particolarmente facile, il che spiega il nostro alto tasso di occupazione.

Al contempo, i prestatori di servizi per il personale sono chiamati a colmare le lacune procurando manodopera straniera. Poiché dispongono di canali ben rodati per il reclutamento all'estero, riescono a fornire alle aziende acquisitrici il personale specializzato necessario, affinché il PIL svizzero possa crescere.

È però sbagliato accusare i prestatori di servizi per il personale di essere catalizzatori dell'immigrazione. Basta guardare alle cifre: su un totale di 320'000 frontalieri, appena il 5,5% arriva in Svizzera passando dal lavoro interinale. I prestatori di servizi per il personale non sono affatto responsabili dell'afflusso di frontalieri, i quali arrivano nel 94,5% dei casi passando da altri canali. Sono dati che rispecchiano non solo la situazione complessiva della Svizzera, ma anche quella delle regioni di frontiera come Ginevra (92,6%) e il Ticino (95,4%). Voler mettere un freno all'afflusso di frontalieri limitando o vietando il lavoro temporaneo è quindi puro populismo: una manipolazione del sentimento popolare mediante provvedimenti senza capo né coda.

Il fattore coronavirus

Come in tutte le crisi, anche in questa la situazione economica regola i flussi migratori. L'immigrazione diminuisce quando le cose vanno male e aumenta nei periodi di prosperità. Essa funge quindi un po' da valvola di compensazione che aiuta a controbilanciare le oscillazioni congiunturali e a superare i periodi di crisi dell'economia svizzera.

Le prime esperienze della crisi pandemica comunque mostrano che anche in tempi molto difficili l'economia ha bisogno di manodopera estera. Lo si è constatato al momento della chiusura delle frontiere. Varie aziende e interi settori, e non solo quelli di importanza sistemica, sono stati costretti a rinunciare al personale straniero durante la serrata.

La rapidissima diffusione del virus in tutto il mondo ha messo in evidenza gli aspetti negativi della globalizzazione. Al contempo, ha però anche dimostrato che chiudere le frontiere non protegge da una pandemia, perché i legami internazionali e i rapporti di interdipendenza, sul piano economico ma anche su quello privato, sono così profondi e radicati da non consentire un'inversione di rotta. Nemmeno il coronavirus è quindi un valido argomento per limitare gli scambi economici con l'UE.

Conclusione

I dati parlano chiaro: la libera circolazione delle persone e gli Accordi bilaterali sono di importanza cruciale per la Svizzera. Chi argomenta contro non fa che manipolare l'opinione pubblica con le emozioni, senza tenere conto dei fatti.

Se, come vorrebbero i promotori dell'iniziativa, si mettesse fine alla libertà di circolazione, dovremmo automaticamente rinunciare a tutto il pacchetto dei Bilaterali I. Perdere la libera circolazione delle persone e l'accesso illimitato ai mercati europei provocherebbe uno shock che, considerata la crisi attuale, darebbe il colpo di grazia all'economia. Per questo, un chiaro no all'iniziativa per la limitazione, in realtà un'iniziativa contro gli Accordi bilaterali, equivale a un sì convinto a favore dell'economia e del paese!

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